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Saperi relativi alla preparazione della zuppa di pesce di lago "sbroscia"

La tecnica di preparazione del piatto prevede l'acqua del lago e diversi tipi di pesce (tinca, luccio, anguilla, coregone). Il modo di tradizionale di preparazione del piatto è nel "pignatto" vicino al fuoco (e non sul fuoco) sulla sabbia del lago. Si mettono a rosolare gli ingredienti e si mettono uno ad uno i pesci, iniziando dalla tinca che è il pesce più duro. Una volta messo il "pignatto" vicino al fuoco e nel momento in cui "scrocca il bollore", di tanto in tanto il "pignatto" va "'nsacchettato", girato dal manico con movimenti sussultori e non girato con una posata, per mescolare gli ingredienti della "sbroscia" nel "pignatto" senza rovinare i "rocchi" di pesce. I tempi di cottura dei diversi pesci prevedono che prima si facciano cuocere la tinca e il luccio e successivamente il coregone che è il pesce più tenero e cuoce prima; quando è cotta la patata, è pronta la zuppa. La tinca è fondamentale nella zuppa perché è il pesce più saporito, in particolare la testa, che è chiamato "il boccone del pescatore". La "sbroscia" va presentata nel piatto con il pane "abbruscato" o raffermo messo al sole, che va messo a fette sotto alla zuppa. Sopra al pane vanno messi i diversi "rocchi" di pesce, le patate e sopra il sugo. I pesci vanno tagliati in "rocchi" (pezzi) prima di essere messi nel "pignatto" (si dice "arrocchiare" il pesce, cioè tagliare il pesce a "rocchi" per la "sbroscia"). L'acqua va messa calda, altrimenti la "sbroscia" "piglia di piscino", cioè prende il sapore forte del pesce. Nella cottura della "sbroscia" con il "pignatto", in una prima fase di cottura il "pignatto" va messo sulla brace; in un secondo momento, quando la zuppa bolle, si mette il "pignatto" vicino al fuoco. Se non si usa questo sistema la zuppa "prende di fumo". La "sbroscia" va mangiata con le mani; in passato a volte venivano usate anche le forchette fatte con le canne. La "sbroscia" in genere viene preparata e consumata in occasioni amicali, un pranzo con gli amici sul lago e raramente in famiglia. Generalmente viene preparata dagli uomini. Origini della "sbroscia".

Osservazioni
La sbroscia è una zuppa di pesce di lago, o acquacotta di pesci di lago, che veniva e viene mangiata tradizionalmente dai pescatori del lago di Bolsena. E' un piatto composto da aglio, olio, patate, pomodoro, mentuccia, prezzemolo e pesci di lago, che sono: la tinca, il luccio, l'anguilla, il coregone, il persico e i gamberi di lago. Una volta cotta nella pentola o vicino al fuoco nel pignatto, la sbroscia viene servita in piatti di terracotta (scodelle). Il termine sbroscia sembra derivi dal toscano. Nel territorio dell'alto viterbese la sbroscia intesa come zuppa di pesce di lago definisce un uso bolsenese che i martani non sempre riconoscono. I pescatori di Marta, infatti, spesso preferiscono chiamarla "zuppa di pesce di lago". Non tutti inseriscono il coregone nella sbroscia, in quanto il coregone è un pesce introdotto nel lago di Bolsena solo nel secolo scorso. La sbroscia in passato veniva cotta sul fuoco nel pignatto, contenitore di terracotta che veniva messo vicino al fuoco e rimescolato ogni tanto per favorire la cottura omogenea del pesce. Oggi nel territorio del lago la sbroscia è un piatto che connota l'appartenenza alla categoria dei pescatori e viene preparata per lo più da pescatori uomini in circostanze amicali (un pranzo o una cena con gli amici, preferibilmente presso la cappanna, cioè il ricovero che molti pescatori ancora oggi hanno sul lago e dove in passato i pescatori e le loro famiglie risiedevano durante la stagione estiva). In passato veniva mangiata con le mani o con posate fatte con la canna del lago e veniva usata (e ancora in parte viene usata) acqua di lago. L'intervista si svolge nella cappanna sul lago del primo intervistato, dove le sorelle dell'intervistato sono intente a filettare e preparare il coregone. La famiglia del primo testimone, la madre e le due sorelle, è tutta impiegata nella lavorazione del pesce di lago, soprattutto la filettatura del coregone e la preparazione di filetti di coregone o di tinca marinati, che vengono venduti ad una clientela privata. In passato l'intervistato, insieme all'altro intervistato e ad altri soci, aveva formato una cooperativa che, oltre alla pesca, provvedeva a vendere il pesce al dettaglio e a lavorarlo marinato e affumicato. Per ragioni varie la cooperativa si è sciolta e il laboratorio nel 2009 è stato chiuso. Tra i due testimoni del presente bene c'è una profonda amicizia. Il secondo testimone è originario di Marta, ma vive a Bolsena, dove si è sposato, da 30 anni. Viene, come l'altro intervistato, da una famiglia di pescatori. E' proprietario del pignatto che viene citato nell'intervista come oggetto fondamentale del passato per la cottura della sbroscia e lo conserva gelosamente avendolo ereditato dal suocero, anche lui pescatore.
Bolsena (VT), Italia Regionlazio
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