Feste popolari
Festa patronale di san Rocco
La festa patronale nel rione San Rocco negli Venti costituiva, sino all’epoca della seconda gerra mondiale, un momento di coinvolgimento di tutti i borghigiani. “Una decina di giorni prima di ferragosto, il Borgo è già mobilitato: falegnami, elettricisti, decoratori, carpentieri, poeti, sono già sul piede di guerra; solo Baussano lavora tutto solo , misterioso, attorno alle scenette che commenteranno umoristicamente la settimana di festa […]. Alla sera nei cortili più spaziosi, come quello di Peracchio, preparano le bandiere di carta colorata; ce ne vogliono migliaia e migliaia per creare un soffitto multicolore a tutto il borgo […]. Al bar ‘Esercito’ gli anziani […] predispongono tutto a puntino: il banco di beneficenza, ‘tre bale al sôld’ (tre palle per un soldo), il ‘curentun’ (ballo a pagamento), le bancarelle che hanno la lampada a carburo non del tutto gradevoli all’olfatto […]. La festa ha i suoi riti: tutto inizia sempre sullo ‘slargo’ di via Grassi, sotto il ‘roch’ che ondeggia, in alto, sulla folla stretta attorno alla banda musicale. Aprono le danze RoccoAnziano e Camilla Tosetti, che filano via leggeri come se, anziché su dei ciotoli duri r sconnessi, ballassero sul parquet del teatro Alfieri. Sul ballo a palchetto , alla ‘Porta’ le aprono, invece, altri due tipi festaioli: Celeste Scassa, uno dei più attivi del Comitato, e la ‘Pecia’, gioiosa venditrice di limoni […].
Dopo il rito, le danze, che si chiudono col ‘curentun’: uno squillo di tromba e l’ ‘abà’ – il regolatore delle danze – che annuncia ’As bala ‘l curentun! Si balla la corrente!’ La banda inizia con un valzer, o una mazurca, o una polca, e il ballerino che ha pagato la quota fissata per quel fiero, può danzare con la sua donna; i pezzo sono briosi e brevi; ad ogni pezzo ‘ ‘l curentun’ aumenta di prezzo: due, tre, cinque lire…finché non rimane che una coppia, quella che ha resistito e che ora compie l’ultimo giro tenendo alto il gran mazzo di fiori come un trofeo di vittoria […]. L’ultima sera dei festeggiamenti viene eletta la ‘reginetta’ come dire la più bella di tutte […]. Scelta la reginetta, la festa continua a casa sua, nel cortile davanti bottiglie di moscato e di birra e a qualche dolce fatto in casa dalla mamma previdente […].
Altri momenti rituali solo quelli del ‘sunet (il sonetto) dell’albero della cuccagna e delle competizioni. Il sonetto, solitamente composto da don Gallo, viene portato alle famiglie più a mezzi al pomeriggio; la banda attacca due o tre pezzi briosi, una bevuta, due chiacchiere e via presso altra famiglia, dopo aver naturalmente incassata la busta già pronta. […]. Molto spettacolare è l’albero della cuccagna che rinnova, in agosto, il ‘maio’ del calendimaggio. È eretto al centro del borgo, sullo slargo, dopo esser stato levigato ben bene, insaponato con cura ed abbellito con coccarde e un mazzo di fiori che si perde, in alto, fra il volo delle rondini. Ad un cerchio in ferro, sulla sommità dell’albero, pendono salami, bottiglie, pignatte e qualche busta che svolazza in cielo seguita dall’avido sguardo dei ragazzi. […]. Il calendimaggio viene rinnovato anche con la raccolta delle uova presso gli ortolani. Servono per la gara e la gran frittata finale. La corsa delle uova ha avuto diverse varianti, secondo l’estro dei capi. […]. Chi vince ha diritto al ballo gratis e alla frittata finale: uova e rane, almeno quelle che si salvano dalla corsa a loro dedicata, che è una specie di riedizione alla buona della corsa delle bighe e delle quadriglie. I concorrenti corrono tirando una carretta senza sponde sulle quali sono state poste delle rane. Vince chi arriva al traguardo col maggior numero di rane, ma la maggior parte di perde per strada preda di coloro che assistono allo spettacolo nell’attesa di approfittarne” (Giraudi, 1988, pp.75-79).
