Feste popolari
STORIA DI ZEZA E IL CARNEVALE DI POMARICO
La Proloco 'E.Mattei' di Pomarico vuole perseguire uno studio sui canti popolari carnevaleschi incentrando la ricerca sulla ZEZA. Nell'ambito della ritualit? connesse con il Carnevale, un tempo veniva rappresentata la ZEZA, una farsa napoletana in musica. La Zeza, scenetta carnevalesca cantata al suono del trombone, vide probabilmente la luce nel Seicento. Da Napoli si diffuse poi, nelle campagne adiacenti e, con caratteri sempre piu' diversificati, nelle altre regioni del Reame di Napoli. La Zeza, rappresentazione teatrale in musica, fu rappresentata a Pomarico sino agli anni Ottanta, ma tale farsa, dal Seicento fino alla meta' dell'Ottocento, si rappresentava nei cortili dei palazzi, nelle strade, nelle osterie, nelle piazze, senza palco, alla luce di torce a vento, ad opera di popolani, attori occasionali o compagnie di quartiere, che si facevano annunciare a suon di tamburo e di fischietto e tromboni.
La Zeza rimase,poi, nelle province meridionali, mentre a Napoli gia' nel secondo Ottocento assunse i caratteri di uno spettacolo teatrale gestito da compagnie d'infimo ordine in baracconi improvvisati e fu accolta, esclusivamente nel periodo di Carnevale, nei teatri frequentati soprattutto dalla plebe, dove il pubblico notoriamente interloquiva cogli attori nel corso della rappresentazione "con sfrenatezze di gergo e di gesti". Questo divertimento cesso' agli inizi del nostro secolo: fino ad allora pero' il testo della Zeza era imparato a memoria da tutti i ceti sociali di Napoli. La sua sparizione dalle strade e dalle piazze era stata determinata anche dai divieti ufficiali: intorno alla meta' dell'Ottocento infatti essa era stata proibita dalla polizia "per le mordaci allusioni e per i detti troppo licenziosi ed osceni".La Zeza rappresenta la storia delle nozze di Don Nicola, studente calabrese, e di Tolla (o Vicenzella), contrastate dal padre della donna, Pulcinella, che teme di essere disonorato ed inconsapevolmente geloso, e sostenute da sua moglie, Zeza, che di ben altro avviso e vuole far divertire la figlia "Co mmilorde, signure o co l'abbate"; Pulcinella sorprende gli innamorati e reagisce violentemente, ma punito e piegato da Don Nicola e alla fine si rassegna. Era il teatro del Carnevale che, in tal modo metteva a nudo, in una sorta di confessione pubblica, le vergogne della vita coniugale, aggiungendovi il gusto dell'aggressione sadica e dell'esibizione oscena, e, mentre le esorcizzava con l'immancabile lieto fine, invitava a prenderne realisticamente atto e integrare nel sistema culturale il disordine e l'irrazionale.Secondo la tradizione pomaricana a chiusura delle festivit? carnevalesche, il marted? grasso, si celebrava la morte di Carnevale (Carnevalone) attraverso il rogo del fantoccio simbolo della festivit? stessa. Nello stesso momento sua moglie Quaremm' (Quaresima) dava alla luce il futuro carnevale chiamato Carnevalicchi'. Completava l'evento la Pentolaccia, momento gastronomico capace di riunire l'intera popolazione al suon di canti popolari e balli tradizionali.
La Proloco 'E.Mattei' di Pomarico intende intraprendere un percorso di studio, ricerca, recupero e conservazione del bene intangibile in questione che si dovr? concretizzare in un'acquisizione del materiale utile per la concreta rappresentazione scenica e musicale.