Saperi e tecniche
Realizzazione di covoni in montagna
Tre uomini e una donna risalgono il sentiero di montagna, portando sulle spalle grandi balle di erba falciata. Arrivati all'alpeggio, iniziano a creare un covone. L'uomo più anziano, girando attorno al medìl, pigia con i piedi il fieno che le altre tre persone, munite di forche, dispongono, dando al covone la classica forma a pera. Cortometraggio sul mondo contadino veneto, girato tra il Col Visentin e la Malga Casere Cor, quindi tra i comuni di Belluno e Limana. Il documento racconta la vita difficile di una famiglia di montanari contadini delle Prealpi bellunesi-trevigiane alla metà degli anni Sessanta (quando il progresso industriale del nord-est era ancora un miraggio). Le méde costituivano la maniera più semplice di conservare il fieno secco, che non conveniva portare, appena raccolto, nelle vicinanze della stalla, ma lasciar stagionare nel luogo di produzione: infatti c'erano tanti altri lavori d'estate e la calura avrebbe reso le operazioni di trasporto, di per sé molto dure, del tutto insopportabili; inoltre d'inverno, con la neve, sarebbe stato più semplice il trasferimento del fieno con la slitta. Ecco allora che si costruivano questi "edifici di fieno", seguendo regole consolidate che miravano a conseguire due obiettivi: realizzare dei covoni stabili (se costruiti senz'arte si piegavano tanto da capovolgersi), e dar loro una forma tale da impedire la penetrazione dell'acqua, che avrebbe provocato la marcescenza di parte del foraggio. La scelta della zona in cui dar forma alla méda era importante, soprattutto nelle zone ripide: occorreva preparare, con pala e pìc, un piano per la base. Questa, di forma circolare, veniva ricoperta da pali, fascine, rami con foglie: tutto questo prendeva il nome di frasconèra, e aveva il compito di isolare il fieno dal terreno, per impedire all'umidità di risalire. Al centro della base, col pal de fèr, si preparava la buca, quanto più profonda tanto meglio, in cui infilare la testa del medìl, un palo di legno, in genere un giovane péq (peccio), di dimensioni adeguate alla quantità di fieno da stivare: una volta finito il lavoro, il medìl poteva sporgere circa mezzo metro dalla sommità del covone. La funzione del medìl era di costituire un'armatura in grado di guidare l'assestamento del fieno, in modo da impedire alla méda di prendere una "brutta piega"; il palo doveva sempre essere verticale e al centro della zona circolare di deposito, man mano che il fieno assestato andava crescendo. Il fieno veniva passato con la forca. Al diminuire della quantità di fieno da stivare, si diminuiva il raggio della superficie, e questo sempre più, a giudizio insindacabile del costruttore, finché il fieno era finito: la fase più delicata era realizzare el còl dela méda, che doveva essere proporzionato al resto del covone. Un restringimento troppo rapido poteva determinare una curvatura eccessiva, con probabilità più alta di penetrazione dell'acqua piovana; in tal caso si diceva la méda la à ciapà la gόqa (la méda ha preso la goccia). Ma l'opera non era ancora finita, pur essendo terminato il fieno da riporre. Infatti un esperto procedeva a spelàr la méda: delicata operazione di pettinatura del covone, effettuata col rastrello. Il fieno estratto veniva ancora passato al costruttore, che lo riponeva con perizia attorno al medìl. La fase finale era la posa del filόn, un grosso filo, una "fune di fieno", la cui creazione era di solito assegnata al più "bravo" dei ragazzi: questo cominciava a estrarre una manciata di fieno dalla parte bassa della méda, e, senza staccarla dal covone, dava dei giri al fieno, sempre nello stesso senso, che così trascinava fuori altro fieno cui si era legato. Arrivato alla lunghezza di quasi un metro, il filόn veniva staccato dalla méda e lanciato al costruttore, che lo avvolgeva con la massima cura attorno al medìl, e vi saliva poi sopra per farlo aderire al còl dela méda. La funzione del filόn era impedire la discesa dell'acqua piovana lungo covone, deviandola sul còl dela méda: per questo era importante che fosse solidale con esso. Le dimensioni di un covone variavano in un rango assai ampio: da pochi quintali, na medotèla, a oltre venti. Rimediare a importanti difetti era roba da specialisti: il rischio era di aggravare il problema nel tentativo di risolverlo. Se la méda cominciava a piegarsi leggermente da un lato, un costruttore privo di grande esperienza, istintivamente, cominciava a caricare più fieno dalla parte opposta; invece si doveva caricare di più proprio dalla parte del cedimento: così la massa più consistente di fieno avrebbe premuto verso il medìl raddrizzandolo.