Questo sito utilizza cookie tecnici per il tracciamento anonimo degli accessi. Utilizzando i servizi di questo sito accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Maggiori informazioni
Giovanni Monchiero

Giovanni Monchiero

Giovanni Monchiero, classe 1963, gestisce a Roddi (Cuneo) l’Università dei cani da tartufo, fondata da suo bisnonno Antonio nel 1880,  e poi proseguita dal nonno Giovanni Battista che con Giacomo Morra ha portato avanti questa tradizione e dato vita alla Fiera del tartufo bianco d’Alba. Nell’intervista illustra l’attività del centro dove vengono portati i cani per essere addestrati ed esprime varie considerazioni, scaturite dalla sua lunga esperienza. Ogni cane ha le sue caratteristiche, è preferibile che gradisca mangiare i tartufi, altrimenti diventa più difficile addestrarlo. Normalmente il corso base dura 15-20 giorni: è fondamentale il rapporto che si instaura fra addestratore e animale per il buon esito dell’addestramento. Rispetto al cane, il maiale ha molti limiti, potendo cercare il tartufo sotto un singolo albero, ma non scorrazzare liberamente nel bosco. Segnali indicatori della presenza del tartufo sono la mosca, che si posa però quando il tartufo è ormai marcescente (in quanto emana maggior odore), o il lumacone arancione che nel bosco va alla ricerca dell’acqua contenuta nel tartufo.Fasi lunari e condizioni climatiche incidono sulla presenza dei tartufi: ad esempio di notte il fattore termico porta in superficie il profumo del tartufo ed è più facile individuarlo; basta un colpo di vento e il profumo può spostarsi rispetto a dov’è la trifola e bisogna saper cogliere questi segnali. Giovanni ricorda che tagliando degli alberi se si interrano dei pezzi, questi formano le radici che favoriscono la ricrescita del tartufo, così come ha sperimentato personalmente che lavorando con un ripuntatore a un metro di profondità un vecchio noccioleto, la rottura delle radici porta allo sviluppo di scorzoni. Per contenuto di proteine, vitamine, acqua il tartufo è, secondo Giovanni, certamente un afrosidiaco naturale seppur caro.Per l’addestramento non si possono avere molti cani, ma pochi per poterli seguire adeguatamente, devono affezionarsi all’ambiente. Se un cane è abituato a stare in casa sul divano è più difficile sradicarlo dall’habitat in cui vive e abituarlo a stare in un ambiente esterno. I cani mangiano di tutto: dalla pasta avanzata in casa alle crocchette, dalle uova al minestrone. Devono mangiare a sufficienza per avere la resistenza fisica. Il cane fa parte della famiglia, vive e muore con il suo padrone, viene sepolto nella propria terra. Ogni cane ha le sue caratteristiche, è soggettivo come le persone.Per la ricerca con due cani bisogna che entrambi abbiano lo stesso passo, se si mette un cane vecchio e uno giovane faticano entrambi, è difficile trovare un accoppiamento valido.Più che con la simulazione nell’istruire un nuovo cane è basilare l’addestramento con il tartufo a dimora: prima si porta il cane vecchio che individui il tartufo, poi quello giovane e lo si lascia andare per vedere come interagisce. Secondo Giovanni, per la ricerca bisogna sapere dove andare, conoscere il territorio, c’è anche chi ingenuamente crede che crescano nei vigneti. Occorre avere il patentino della Regione Piemonte che si consegue dopo un esame, bisogna sapere come comportarsi: ad esempio, estratto il tartufo con lo zappino, lo si pulisce bene dalla terra e poi si ricopre la buca. La testimonianza si conclude con un proverbio piemontese: “se piov su la gavela, la trifola ven bela”, ovvero se piove a luglio (sul covone di grano) il tartufo viene bello, in quanto impiega tre mesi per crescere.  Questa testimonianza è stata raccolta nel 2014, all'interno dei "Granai della memoria" è disponibile una precedente testimonianza, sempre di Giovanni Monchiero, risalente al 2011.

Roddi (CN), IT Regionpiemonte
Geolocalizzazione: