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Fonte: Atlante delle Feste Popolari del Piemonte / Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – UniSG
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Feste popolari

Festa di leva

Essendo Cortemilia sede del distretto militare, vi arrivavano i giovani di venti comuni della Valle Belbo, Valle Bormida fino a Gorzegno, Valle Uzzone, per passare la visita. Ciascun gruppo aveva la propria bandiere e la propria musica.

I coscritti di Cortemilia non permettevano a quelli degli altri comuni di entrare in paese con la bandiera, che doveva essere lasciata alla periferia del paese. Ogni anno, quelli di Cravanzana non accettavano questa imposizione: venivano aspettati dai giovani cortemiliesi sul ponte per Savona e al rifiuto di depositare la bandiera si scambiavano botte da orbi.

Dopo la visita, i coscritti giravano tutti e tredici gli esercizi pubblici del paese: in ciascuno si fermavano dieci minuti, il tempo di gridare “viva la leva” e di bere. Seguiva il pranzo e alla sera il ballo gratuito, a cui veniva invitata tutta la popolazione, anche quella dei paesi viciniori (cfr. Benaduce, De Benedetti, Morteo, 1981, pp. 46-47).

La festa di leva del 1848 è descritta da Augusto Monti nel romanzo ‘I sanssôssí’: “Da Cravanzana da Monesiglio dalla Scaletta da Castino da Perletto gioventù s’era messa in marcia alla volta di quel centro: cappelli alla sgherra, corpetti sbottonati, ogni venti uomini una enorme bandiera; da certi paesi con la banda addirittura: da primo giorno, dunque, cantavano; non avevano ancor fatto colazione e cantavano; era digiuni e asciutti come la rena e mai non avevan cantato tanto, neanche al dì delle più solenni imbottate. I villani, al passaggio, udivano guardano stupivano e si domandavano come mai quel concorso e quell’allegria, quando a Cortemilaia la festa del patrono non cadeva che a settembre, a San Michele il ventinove. Cantavano in lingua, in torinese, in monferrino. Cantavan quella del ‘Barôn d’Oneo’ e della di ‘Gasprìn’ che non facessi il ‘fol’. Ne cantavano un’altra più bella:

Già l’armi sono pronte

a un cenno di Pio

mandato da Dio

e un’altra più bella ancora: ‘Pari agli antichi romani guerrieri’. E, naturalmente, anche quella, specialmente quella, del ‘gran macaco’ e del ‘fucilàaar’. E poi i cantatori, vuotato il sacco delle più nuove e delle più difficiliu, si buttavano con rinnovellato ardore su quelle altre, vecchie ma sempre belle, e la ‘Lionota’, e l’Amsé Ntòne de le Lanche’, e ‘La serva mangia ‘l trifôle – e ‘l prive ‘l pan gratà’. E cantando cantando, finalmente, furono a Cortemilia.

Ma qui fu un mezzo pandemonio. A Cortemiliai, si capisce, tutto era preparato per riceverli, tutto fatto, tutto predisposto; ma all’ultimo momento poi si vide e si conobbe che tutto era ancora da predisporre, da fare, da preparanto. C’eran dei malintesi. Ne aspettavan pochi ed era calati a valnghe. Li attendevan ad un’ora, e quelli eran giunti ad un’altra. E poi e poi… di far le cose c’è modo e modo. […] Quei ragazzoni grandi, che a casa loro eran mummie, che giù per lo stradone erano venuti cantando sotto le loro bandiere, ordinati che parevan militari, perdio, a metter il piede in quelle vie fra quelle case, pareva che l’estro cavallino li avesse, si mettevano in orgasmo, prendevano a sbracciarsi a vociare a urlare come matti, avanti indietro avanti indietro per contrada Maestra senza una meta senza uno scopo, e cantavano, cantavan tutti assieme e cantavano ciascuno una canzone siversa, stonati e steccosi come ubriachi, e mettevan tutto il loro impegno, pareva, a produrre il più barbaro dei frastuoni e a mostrarsi ineducati e beceri come coscritti in ribotta e peggio. […]

Ma poi quell’estro gli passò; quella gioventù, bonacciona in fondo e rispettosa, di quetò, si ricompose, si lasciò, indrappellata, menare in piazza, attese paziente la venuta degli altri e l’ora giusta e poi, a un segnale, si avviò tutta in colonna, calzoni di nankino in testa, mazzieri del come allato, come in processione; che fu una cosa edificante e consolante al sommo grado. E in teatro la festa andò difilata e liscia come sopra le rotelline: benedizione, discorsi, applausi e poi: le canzoni. E quando quelli di Cortemilia, prima, attaccaron quel canto, e dietro gli altri in massa, guidati e sostenuti dalle note larghe della banda, quel canto:

Con l’azzurra coccorda sul petto

con italici palpiti in core…

e dopo la prima, ma inavvertita, incertezza, le voci si rinfrancarono, si riempirono, si composero, oh! Allora i soloni su quel palco bene in vista erano raggianti […] E la festa delle coccarde finiva a tarda sera, fra botte e spari e luminarie. Si smaltiva la piena dei canti: rivoletto per rivoletto, frotta per frotta, Cortemilia si svuotava di canzoni” (Monti, 1963=1993, pp.118-121).

CORTEMILIA (CN), Italia Regionpiemonte
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