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Fonte: Atlante delle Feste Popolari del Piemonte / Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – UniSG
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Feste popolari

Carnevale

Sino all’inizio del Novecento durante uno degli ultimi giorni di carnevale c’era l’usanza di tagliare la testa al tacchino (‘biru’): “Ciò accadeva nel ‘prà dal pus’ verso il ‘navili’ (canale Gazelli). Il tacchino legato alle gambe, veniva messo in una buca, da cui uscivano solo la testa e il collo. Chi partecipava alla gara, per accedere alla quale pagava una quota, veniva bendato agli occhi; quindi, munito di falcetto, doveva tagliate la testa al povero tacchino con un colpo solo, altrimenti lasciava il posto a un altro. Il vincitore riceveva il tacchino che poi mangiava in compagnia degli amici. La gente assisteva numerosa a questo spettacolo tragicomico. Il periodo carnevalesco terminava con il grande falò, acceso il martedì grasso sulla cima della collina del Romitorio, dando fuoco a una catasta di fascine di legna. Dal paese tutti potevano ammirarlo.

Abbandona il cruento gioco del tacchino, subentrò un nuovo modo di concludere il carnevale. Nei giorni precedenti veniva preparato il fantoccio di un uomo anziano, creato con fogliame e rivestito di carta crespa. La testa era di legno mentre i capelli e il pizzo erano fatti con la barba del granoturco. Intorno al collo c’era una collana di salamini, che sarebbero stati consumati il martedì grasso. Il fantoccio, simbolo del carnevale, veniva collocato su una poltrona e condotto su un carro a quattro ruote, ben addobbato e trainato dai buoi. Alle sue spalle veniva messo un altro fantoccio di donna, lo stesso usato ogni anno, che rappresentava la quaresima: era magrissima, vestita di scuro, con una gonna a sette balze (vulàn), per indicare le sette settimane di quaresima prima di Pasqua; sulla sua schiena pendeva una lunga striscia di merluzzo, segno del periodo di astinenza quaresimale che sarebbe subentrato. Il conduttore del carro era sempre Giovanni Bertolo, anche detto ‘Giovanin dal Cunt’, perché mezzadro dei conti. Costui, attorniato da numerose maschere e dalla banda musicale, l’ultimo giorno di carnevale guidava l’allegra compagnia per le vie del paese. […] Verso sera, dopo l’ultimo giro del paese, si radunava tutti sulla collina della ‘Muntisèl’, di fronte alle cascine dei conti, per concludere la festa in modo ben visibile anche da lontano. Qui facevano scendere dal carro il vecchio fantoccio del carnevalr in poltrona, mentre alcuni burloni inveivano contro di lui con varie imputazioni, scaricandogli addosso colpe e vizi comuni della gente. Poi avveniva il processo: il giudice, di solito il fornaio Giovanni Milone (Médich dal pan) stabiliva la sentenza che era sempre la morte per decapitazione. Seguiva un gran battimani. Marcello Mezzano (Marcélu) recuperava la testa del carnevale per usarla l’anno successivo; quindi al carnevale decapitato veniva appiccato il fuoco. A questo punto le campane suonvano da morto e la banda musicale intonava la marcia funebre. […] La tradizione proseguì sino alla fine degli anni ’20, spostando la rappresentazione in piazza Risorgimento.

Seguirono poi le fagiolate. Nei giorni precedenti la conclusione del carnevale, numerosi bontemponi mascherati – capeggiata da Bertolo (Verslìn) – con due carri trainati da cavalli giravano per il paese seguiti dalla banda musicale, onde raccogliere legna, fagioli e, se venivano offerti, vino e salumi. Nella notte dell’ultima domenica prima della Quaresima gli organizzatori facevano cuocere i fagioli: dall’1 di notte accendevano il fuoco sotto le 22 caldaie contenenti più di 100 kg di fagioli e ossa offerte dai macellai. […] Alle 8,30 – dopo la messa prima – il parroco impartendo la benedizione dava inizio alla distribuzione dei fagioli, rallegrata dalla banda musicale. La festa si concludeva nel pomeriggio con il corteo delle maschere in piazza. Questa consuetudine continuò negli anni del dopoguerra finché, a causa di un verme che intaccava i fagioli dovette essere sospesa. Venne ripresa negli anni ’70, usando fagioli selezionati di altra provenienza, con l’aggiunta di cotechini, zampini e cotenne speziate dette ‘prèvi’, il tutto cotto solo più la mattina della fesa e distribuito a mezzogiorno su offerta libera.” (Baroetto, Elia, 2001, pp. 145-148).

Nel 2010 è stato riproposto il Carnevale storico. “Presenti alla manifestazione, dopo anni d’assenza, anche i Conti di Cocastelli. […] Uno spettacolo semplice, ma coinvolgente, che ha entusiasmato gli spettatori, che oltre a seguire il carro che recava un fantoccio rappresentante il Carnevale destinato al patibolo e un altro indicante la Quaresima, ha partecipato attivamente interagendo coi personaggi. La sfilata e la sosta nelle osterie, ha coinvolto tutti che oltre a bere e mangiare si sono dedicati a scherzi, lazzi e lanci di coriandoli. Ma ancor di più è stato il processo a unire i partecipanti che presi dalla foga urlavano la sentenza ‘a morte, a morte’. […] Il falò è stato un atto liberatorio, anche chi dapprima in fila si era trattenuto, allo sgorgar delle fiamme si è messo a ballare con gli altri. Per finire bugie e pane e salame per tutti” (Ceccarelli, 2010).

LAURIANO (TO), Italia Regionpiemonte
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