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Granai del Mediterraneo
Antonio Biasiucci
Quando si pensa ad Antonio Biasiucci affiorano subito alla mente le foto dei suoi pani. Per lui il pane è il soggetto ideale per parlare della vita, della creazione, della nascita, di sua madre – figlia di allevatori – che il pane lo ha sempre fatto in casa. I suoi lavori trascrivono in chiave poetica il mondo rurale dell’infanzia trascorsa a Dragoni, nell’entroterra campano, ma traggono ispirazione anche dall’effervescenza della metropoli che ha vissuto fin da quando era poco più che adolescente. Napoli rimane nel suo immaginario “una grande pentola di ragù che bolle”. Ha raccontato il rituale del sacrificio del maiale dal punto di vista dell’animale, fra i vapori evanescenti dell’acqua calda che aiuta ad estirpare le setole, e le vacche, fotografate nella stalla di sua zia, sono state il pretesto per esercitarsi a cercare “l’essenziale”, secondo gli insegnamenti del drammaturgo, attore e regista teatrale Antonio Neiwiller. Alla ricerca della “natura delle cose” Antonio Biasiucci ha seguito fino in India questi animali che considera più mitici che sacri. Non è vegetariano per scelta, gli piace identificarsi nella definizione “fotografo di terra” e non gli piace elaborare nulla di artificiale, né in camera oscura, né in cucina. Le sue petite madeleine sono i cavati fatti in casa e le pizze fritte zuccherate.
