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Fonte: ICCD - Progetto PACI / MiC – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione ICCD
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Saperi e tecniche

Preparazione e chiusura dei caplèt romagnoli

Sulla tovaglia coperta dalla sfoglia, la pastaia Valeria pone pezzi di ripieno al centro dei quadrati di circa 4 cm realizzati dai passaggi ortogonali della rotella. Una porzione di ripieno, tenuto in una mano e sagomato in forma allungata, viene dosato dall'altra mano con un singolo gesto. La pastaia Patrizia, figlia di Valeria, effettua la chiusura di un caplèt, tenendo il quadrato di pasta appoggiato alle dita della mano sinistra, dalla parte del palmo, si aiuta con la mano destra per congiungere due lembi opposti della forma di pasta. Chiuso in tal modo il caplèt, tiene adesi e stretti i lembi minori facendo pressione con gli indici e i pollici. Infine unisce i lembi del caplèt allungandoli un poco con le dita e legandoli l'uno all'altro in modo da "incorniciare" la parte rigonfia del ripieno. Entrambe le donne proseguono a chiudere i caplèt attorno alla tavola. Dopo aver spolverato di farina un cabaret di cartoncino, Valeria dispone uno fianco all'altro tutti i caplèt ormai chiusi, aiutata dalla figlia. La creazione di paste ripiene in concomitanza delle feste di fine e inizio anno è una delle caratteristiche più sintomatiche della cultura gastronomica emiliano romagnola. Nei differenti territori il tipo di pasta ripiena assume diversi nomi e differisce altresì nella forma e tecnica di chiusura. Nella variazione delle ricette si riscontra con frequenza la variante "di magro", privilegiata per la cena della Vigilia. La stessa ricetta tradizionale dei cappelletti romagnoli, o caplèt, raccolta da Pellegrino Artusi, prevede l'uso del petto di cappone, nonostante la ricetta con ripieno di solo formaggio sia piuttosto diffusa. La preparazione del ripieno prevede prevalentemente l'utilizzo del parmigiano reggiano e di un formaggio a pasta tenera come la ricotta, il raviggiolo oppure il bazzotto. La compattezza del ripieno è funzionale alla procedura di chiusura, che deve essere esguita con destrezza per riuscire a contenere nel quadrato di pasta (di circa 4cm di lato, anche se talvolta la forma della base è rotonda) la maggiore quantità possibile di ripieno, e per poter lavorare poi il caplèt rapidamente, allungando la pasta in corrispondenza dei bordi senza determinare rotture e conseguente perdita del ripieno durante la cottura in brodo di cappone. Il nome del caplèt, in italiano cappelletto, deriva appunto dalla somiglianza della forma della pasta, con struttura bombata centrale e piccoli risvolti laterali, simili alle tes di un cappello.

Russi (RA), Italia Regionemiliaromagna