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Fonte: ICCD - Progetto PACI / MiC – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione ICCD
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Saperi e tecniche

Preparazione di dolci fritti di Santa Apollonia

Le sorelle anziane Guglielmina e Anna, nella loro cucina, versano la farina sulla spianatoia e aggiungono un pizzico di sale, lo zucchero, la scorza grattugiata di limone, un po’ di grappa, un rosso d’uovo e tre uova intere. Impastano gli ingredienti con la forchetta e poi con le mani per circa dieci minuti. Lasciano riposare l’impasto al caldo, coperto con un tessuto. Passano la pasta nell’apposita macchina, fino ad ottenere una sfoglia sottilissima. Nel frattempo scaldano l’olio, suddividono la sfoglia in più parti con la rotella, praticando al centro di ciascuna parte due incisioni nel senso della lunghezza. Prima di essere passate nell’olio, le sfoglie vengono tirate a mano nel senso della larghezza. Dopo la frittura, dispongono i cróstui su un piatto cospargendoli di zucchero. Crostoli, frittelle di mele, semplici o di pane, assieme alla péta erano, fino agli anni '60 del secolo scorso, i dolci più comuni del Cadore e del Comelico. Oggi questi dolci sono identificati soprattutto con le feste di carnevale, mentre fino alla metà del secolo scorso, e anche oltre, i cróstui e le frittelle accompagnavano quasi tutti i momenti festivi della comunità locale. In particolare i cróstui erano il dolce per eccellenza delle nozze, preparati alcuni giorni prima del matrimonio e distribuiti in dono ai vicini di casa e ai parenti. Tale consuetudine, ancora abbastanza diffusa, sembra oggi investita di un ruolo che travalica il semplice consumo di cibo. Alcuni informatori sottolineano infatti l'aspetto “identitario” di questa usanza. La signora accompagna le azioni descrivendole in dialetto e dialogando con la sua amica che la sta aiutando nella prepazione della ricetta.