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Fonte: Granai della Memoria / Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – UniSG
Categorie
Archivi storici
Archivio:
Saperi del biellese
Autori:
Eleonora Agnolazza, Luca Ghiardo, Luca Ghiardo, Eleonora Agnolazza, Marta Nicolo, Battista Saiu
Maria Guglielminotti

Maria Guglielminotti e Alda Ramella Pralungo

Intervistata nel 2011, Maria Guglielminotti, classe 1941, rievoca la sua esperienza in merito alla produzione domestica del sapone. Maria ci spiega il metodo della produzione del sapone a freddo: per prepararlo servono 5litri di acqua, 4kg di grasso animale (di maiale o di vitello),  e il composto che si trova in drogheria (soda caustica); si mescola tutto in un catino per circa un’ora, ininterrottamente, fino a quando non è pronto. Si lascia riposare per 2 o 3 ore, dopodiché lo si taglia a quadretti e lo si mette all’aria aperta ad asciugare per un po’ di tempo.Per renderlo profumato, Maria aggiunge anche delle foglie di lauro.Il sapone viene preparato d’inverno (con l’uccisione del maiale), in luna vecchia. Intervistata nel 2011, Alda Ramella Pralungo, classe 1948, rievoca “l’unch d’la Fina”: una sorta di pomata che preparava “la Fina”, un’ anziana signora che risiedeva a Pollone, vissuta fino all’età di 100 anni, mangiando tre uova al giorno (così la ricordano le due testimoni).Per ottenere questo unguento occorrono ½ litro di olio extravergine, dei rametti “giovani” di sambuco, 5 foglie di salvia e della cera vergine d’api.Con un coltello si toglie la prima pelle del sambuco fino ad arrivare alla seconda; quest’ultima se tagliata forma dei riccioli che a loro volta formano delle matassine.L’olio, le matassine e la salvia vengono amalgamate insieme in una pentola di rame, mescolando a fuoco lento; quando la matassina diventa solida, la si toglie e si aggiunge la cera d’api. Si lascia raffreddare, dopodiché la si ripone in un contenitore di vetro.Questo medicinale è utilizzato per curare ferite che non cicatrizzano, per le emorroidi, per massaggiare le vene dolenti, per i lividi e le dermatiti.Viene preparato in primavera e si conserva per anni. Nella parte conclusiva dell’intervista le due testimoni ricordano “la Fina” e il caffè “di una volta” prodotto con il franck: si faceva bollire dell’acqua in un pentolino, al momento della bollitura si aggiungeva il caffè e il franck e si lasciava depositare il tutto. Il “deposito” era chiamato “la mari” (la madre) e veniva utilizzato come fertilizzante per i fiori. 

Pollone (BI), IT Regionpiemonte
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