Questo sito utilizza cookie tecnici per il tracciamento anonimo degli accessi. Utilizzando i servizi di questo sito accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Maggiori informazioni
Torna alla ricerca

Fonte: ICCD - Progetto PACI / MiC – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione ICCD
Categorie
Saperi e tecniche

Lavorazione del pane carasau: preparazione della sfoglia

In un ambiente domestico, predisposto per la produzione del pane, quattro donne e una bambina lavorano in cerchio, accovacciate sul pavimento. Colei che parrebbe la padrona di casa apre sa corbula (capiente cestino di asfodelo intrecciato) che racchiude i panetti di pasta lievitata, detti pani amaniáu, conservati dentro teli bianchi di orbace, sas telas. La stessa donna distribuisce la pasta da lavorare alle altre aiutanti. Prende inizio la stesura della sfoglia sopra appositi supporti in legno di forma circolare, taggeri, muniti di una piccola maniglia per consentirne un'impugnatura laterale. Le donne cospargono la superficie del supporto con della farina, attingendola con la punta della dita da un recipiente sistemato al centro del cerchio di lavoro; quindi appiattiscono i panetti, prima con le mani e poi con piccoli mattarelli in legno, tuttureddus. La sfoglia viene lavorata in modo corale, passandola di donna in donna in senso antiorario e cospargendo sempre della farina sul tagliere. Così la sfoglia viene appiattita fino a raggiungere una circonferenza simile a quelle del supporto stesso. I sottili dischi di pasta pronti per essere infornati (pani pesau), si ripongono dentro i teli di orbace. La bambina, con un vestito a quadri, sta a poca distanza dalle donne. Come le altre, tiene un piccolo tagliere sul pavimento e un pezzo di pasta da appiattire con un mattarello. Gioca, ma allo stesso tempo apprende i gesti e le tecniche della lavorazione del pane. Tutte le lavoranti portano comodi abiti giornalieri: una di esse indossa una lunga gonna di tessuto scuro e una camicia chiara, tipica del luogo, con ampie maniche arrotolate sui gomiti. Le altre aiutanti vestono maglie scure aderenti al corpo, gonne alle caviglie e grembiuli di tela legati in vita. Due indossano lo scialle scuro che fascia per intero la testa, mucadore, munito di sottili frange cascanti; le altre portano i capelli legati. La lavorazione dell'impasto del pane carasau si divide in due fasi: la prima è detta inturtare, nella quale si mischiano gli ingredienti fra loro amalgamandoli; nella seconda, hariare, ogni donna prende una porzione d'impasto e la lavora fino a renderla liscia e plastica (sfoglia). Durante quest'ultima fase la pasta viene stesa con dei piccoli mattarelli in legno, in olianese tuttureddu e mediante i polpastrelli delle dita fino ad appiattirla come un sottile disco, pane pesau. Ottenuto il diametro e lo spessore desiderato, le sfoglie si depositano in panni di orbace chiamati sas telas, che poi vengono ripiegati su se stessi per coprire ogni disco di sfoglia. I panni sono lunghi circa 10 metri e larghi 50 centimetri e venivano confezionati dalle donne del paese solo per questo particolare uso. Le bambine imitano il lavoro dei grandi, come normale prassi educativa che la società agro-pastorale, in quegli anni, dava ai suoi piccoli: giocano, ma lavorano.