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Fonte: Atlante delle Feste Popolari del Piemonte / Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – UniSG
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Feste popolari

Carnevale

Nella frazione Marcorengo il carnevale veniva festeggiato nei tre giorni conclusivi, da domenica e Martedì grasso. All’inizio del Novecento “consisteva soprattutto in grandi baccanali, in lunghe serate passate all’osteria ed aveva il suo culmine il martedì quando ‘moriva’ e lo si bruciava sotto forma di un simbolico falò […] Per tre giorni consecutivi, da domenica a martedì, ci si recava all’osteria e accompagnati dalla banda musicale si pranzava, dopo di che si andava a ‘fa carvé tuc ansema’, cioè a festeggiare di casa in casa dividendosi in due gruppi, l’uno partente da borgo Gisfengo e l’altro dalla Casa Nuova, per riunirsi poi a giro ultimato a casa di uno dei partecipanti e continuare lì la baldoria”” (Ferro, 2000, p. 18). In quei giorni non si doveva lavorare: coloro che venivano notati nei campi erano “presi di peso e caricati scherzosamente sulle ‘suveire’, arnesi per portare l’erba, per essere simbolicamente riportati in mezzo alla festa” (Ferro, 2000, p. 18).

Il Martedì grasso venivano organizzati giochi, quali la rottura delle pignatte, l’albero della cuccagna, il taglio della testa del tacchino: quest’ultimo veniva appeso “penzoloni per le gambe con la testa in giù, indi si bendavano i concorrenti che con colpi secchi di ascia dovevano decapitarlo; il primo che vi fosse riuscito se lo portava a casa come premio” (Ferro, 2000, p. 19). Pare che “in tempi più antichi il ‘biru’ venisse condotto tramite una cerimonia dalla Casa del Forno sino alla piazza della chiesa su una ‘barossa’ addobbata per la maggior parte con quattro pali ai lati delle sponde ai quali venivano attorcigliate delle piante d’edera; inoltre il povero animale doveva essere ancora vivo quando iniziava la barbara gara” (Ferro, 2000, p. 19). L’usanza di decapitare il tacchino durò sino all’epoca della prima guerra mondiale.

Sempre Martedì grasso, a chiusura dei festeggiamenti carnevaleschi, a tarda sera venivano bruciati i falò (a Casa Coppa, Casa del Forno, borgo Azzano, Gisfengo). “I ragazzi i giorni precedenti facevano provvista di pini selvatici, le ‘pessre’ del Devesio, i quali sistemati alla sommità del falò, lo facevano scoppiettare e durare più a lungo, inoltre chiedevano fascine alle famiglie, legna secca ed infine racimolavano nei boschi più ramaglia che potevano per fare un mucchio più grande” (Forno, 2000, p. 19). Coloro che avevano realizzato il falò che ardeva più a lungo erano considerati i vincitori simbolici del carnevale.

Dopo un periodo di interruzione, il Carnevale è stato ripreso nel 1976, con “la sfilata di un carro allegorico ispirato alla vita contadina, la corsa nei sacchi e la rottura delle pignatte. Qualche anno dopo è stato allestito il carro del ‘biru’ sul quale vi è la rappresentazione di un tacchino con la classica ruota, con due personaggi di carnevale, il Biru e la Bira, e i paggetti, i Birini” (Forno, 2006, p. 295).

Negli ultimi anni l’ultimo sabato di carnevale viene organizzata una polentata nel salone polivalente.

BRUSASCO (TO), Italia Regionpiemonte
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