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Fonte: Atlante delle Feste Popolari del Piemonte / Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – UniSG
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Feste popolari

Carnevale

1. A Volvera, paese situato alla periferia della metropoli torinese, il tempo della trasgressione carnevalesca iniziava, come in molte altre località, il giorno dopo l'Epifania. In quella data si dava inizio ad un lungo periodo caratterizzato dalla presenza di due maschere animali: l'orso e la capra e dalla pratica della rasatura della barba eseguita da un barbiere aiutato da numerosi garzoni. Il rito della rasatura si svolgeva nelle stalle del paese alla vigilia dell'ultima domenica di carnevale e serviva "per preparare a festa gli abitanti del paese". Chiudeva il periodo carnevalesco il rogo del pupazzo sulla piazza principale del comune. 2. Un momento di particolare importanza era rappresentato dalla comparsa della maschera dell'orso, che avveniva in occasione della ricorrenza di Sant'Orso, il primo giorno di febbraio. È risaputo che il calendario rituale contadino era scandito da numerosi animali e che, all'interno di questo complesso sistema mitico-rituale, la figura dell'orso ricopriva un ruolo di primaria importanza. Infatti, l'unione tra il comportamento di questo animale carnevalesco e la luna presente nella notte tra l'uno e il due febbraio era un importante indicatore meteorologico, che suggeriva al contadino le regole da osservare per capire se la nuova stagione primaverile sarebbe stata incipiente o tardiva e predire la nuova annata agraria (cfr. Grimaldi, 1996, pp. 44-45). Per comprendere meglio il comportamento da adottare in questo delicato momento del ciclo dell'anno, il contadino era aiutato da numerosi proverbi che codificavano le azioni da compiere. Non è questa la sede per condurre un'analisi approfondita di questi proverbi e delle numerose varianti, tuttavia, è utile indicare il modello di comportamento che emerge da queste, solo apparentemente ambigue e differenti, espressioni formulaiche: se l'orso esce dalla tana con la luna nella fase del plenilunio ritorna nella tana e prolunga il letargo per altri quaranta giorni, se la luna è nel novilunio, termina il lungo letargo poiché capisce che l'inverno è finito ed ha inizio la bella stagione. A Volvera erano i coscritti del paese che organizzavano e gestivano questo importante evento calendariale. Alcuni giovani mascherati da cacciatori e domatori conducevano, incatenato per le strade del piccolo centro rurale, un giovane travestito da orso. La vestizione avveniva lontano da sguardi indiscreti poiché nessuno doveva conoscere l'identità della persona che indossava il costume rituale. Il giovane era ricoperto di una pelle di animale e il viso era celato da una maschera custodita dalla banda musicale. Completavano il gruppo carnevalesco alcuni giovani travestiti da "vecchie nonnine" chiamate Catlin-e, che avevano il compito di raccogliere e custodire le offerte in una grossa cesta, e alcuni suonatori che annunciavano l'arrivo del feroce animale. Durante l'interminabile questua per le vie del paese l'orso si agitava e incuteva paura, entrava nelle case e nei negozi, di tanto in tanto tentava la fuga attirando così l'attenzione del domatore e del cacciatore. La famiglia che riceveva la visita dell'orso, per ammansire l'animale, era solita offrire piccoli doni in natura (uova, salame) o, in rari casi, piccole somme di denaro. Dopo che le Catlin-e avevano riposto nella cesta l'offerta ricevuta, l'animale carnevalesco si esibiva in un ballo di buon auspicio. Gli abitanti e soprattutto i giovani coscritti vivevano l'evento con grande entusiasmo e partecipazione poiché la comparsa della maschera rappresentava uno dei momenti di festa più significativi per l'intera comunità. Questo carnevale è stato per troppo tempo dimenticato; le ultime apparizioni dell'orso risalgono ai primi anni del secondo dopo guerra. Dopo circa cinquant'anni di interruzione, nel 1995, la festa dell'orso è stata riproposta è costituisce nuovamente un importante tassello del calendario festivo della comunità. La riproposta è stata possibile grazie al lavoro di un ristretto gruppo di giovani volveresi che hanno prima condotto una ricerca intervistando alcuni anziani del paese e, in un secondo tempo, realizzato i costumi dei diversi personaggi. Chi scrive ha fatto parte del gruppo che ha curato la riproposta. Il costume dell'orso è stato predisposto adattando una vecchia pelliccia; i pantaloni sono in panno nero. Il copricapo è stato realizzato a partire da una comune maschera carnevalesca sulla quale sono stati incollati pezzi di pelliccia. Il ritorno dell'orso di carnevale non ha però rispettato la scadenza tradizionale. Dopo la vestizione della maschera avvenuta lontano da sguardi indiscreti, l'animale ha sfilato, nel pomeriggio del martedì grasso, per le strade del centro di Volvera rispettando il copione ricostruito dalle interviste. Preceduto da alcuni suonatori della locale banda musicale l'orso, tenuto a bada dal domatore, si è scatenato per le vie del paese. Nel corso di questa prima riproposta lo scarso interesse del pubblico presente e le poche offerte raccolte hanno evidenziato che nell'immaginario folklorico locale non vi era più traccia di questo animale mitico. Si è così deciso di condurre la maschera nelle cascine alla periferia del paese. Le famiglie visitate, in particolare le persone più anziane ricordavano ancora la figura dell'orso carnevalesco, sapevano come comportarsi per ammansire l'animale e ricevere in cambio un ballo di buon auspicio. Le ceste delle Catlin-e che fino a quel momento erano rimaste vuote, si sono così rapidamente riempite di salami, dolci e bottiglie di vino. La questua è terminata in tarda serata per sfinimento dei questuanti che, non abituati ai ritmi del tempo festivo tradizionale, hanno ceduto ben prima di aver ultimato il programma di visite previsto. 3. Oltre alla figura dell'orso, anche la capra animava il tempo trasgressivo del carnevale di Volvera. Tradizionalmente il rito della capra si svolgeva nei venerdì di carnevale. Questa performance rituale era organizzata dai giovani del paese e consisteva nel far visita alle famiglie radunate nelle stalle per trascorrere a veglia le lunghe sere invernali. Il piccolo gruppo carnevalesco preferiva recarsi presso le case dove vi erano ragazze in età da marito. La capra che portava al collo un campanaccio era legata ad una lunga corda tenuta dal padrone, accompagnato dalla moglie Gin, un giovane travestito da donna. Il padrone, dopo aver bussato alla porta della stalla, dichiarava di essere un povero uomo giunto da Brescia e chiedeva ospitalità per trascorrere la notte. Il giorno seguente sarebbe ripartito per andar a vendere altrove la capra. All'apertura della porta entrava solo il padrone mentre l'animale carnevalesco restava fuori impedendo la chiusura della porta; l'aria gelida raffreddava rapidamente l'unico luogo caldo creando scompiglio e risate nella stalla. La compagnia dei giovani, a questo punto, dava inizio ad un'animata e divertente compravendita della capra, ma il prezzo offerto dal negoziante era sempre inadeguato rispetto alle richieste del padrone. Dopo un'estenuante contrattazione il proprietario, piuttosto di svendere l'animale colpiva la capra con una bastonata uccidendola. Un giovane travestito da veterinario, con azioni a sfondo sessuale constatava l'avvenuto decesso. Tra urla e pianti Gin, la moglie del padrone, affermava che senza capra non sarebbe più riuscita a procurarsi il cibo necessario per vivere. La famiglia ospitante capiva che era arrivato il momento di offrire qualcosa da mangiare e da bere alla compagnia. Terminata la rappresentazione, di norma, il giovane che vestiva il costume rituale non svelava la sua identità; solo se vi erano ragazze si mostrava senza maschera. Il rito della capra si è svolto con regolarità fino ai primi anni del secondo dopoguerra. Dopo una lunga fase di oblio è stato riproposto durante il carnevale del 1996. Attualmente la capra "esce" il martedì grasso e sfila per le vie del paese in compagnia dell'orso rinnovando così la questua della tradizione.

VOLVERA (TO), Italia Regionpiemonte
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