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Fonte: Atlante delle Feste Popolari del Piemonte / Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – UniSG
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Feste popolari

Carnevale - la Badia

A Bellino era tradizione mettere in scena un Carnevale ricco di molteplici personaggi: secondo le cronache locali era una festa davvero spettacolare, ma per lungo tempo non è stato più possibile ammirarla dal vivo poiché era stata sospesa a partire dal 1958, a causa dei costi troppo elevati. La manifestazione, chiamata “Beò de Blins”, si era svolta ogni anno fino al 1939, si era interrotta per la guerra dal 1940 al 1945 ed aveva avuto luogo per l’ultima volta appunto nel 1958.

All’interno della versione di inizio secolo, era interessante l’accostamento tra i tipici personaggi simbolici (l’Orso, i Barbouire, il Turco, Arlecchino, gli Spaccatori) ed altri che rappresentavano la vita quotidiano della cittadina: il Vecchio, la Vecchia, il Signore, la Signora, il Sacrestano, i Mercanti di Bestiame, i Calderai (Gallo Pecca, 1987, pag. 77).

I festeggiamenti iniziavano sempre il 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio, con la sfilata dei primi personaggi (S. Antonio, l’Hermit, il Maiale e il Sacrestano), durante la quale il Maiale, che aveva rubato delle uova, veniva rincorso dal Sacrestano creando confusione e grande divertimento tra la folla che assisteva alla caccia. Nei cortei dei giorni seguenti comparivano anche i Barbouire e la coppia formata dal Vecchio e dalla Vecchia. I primi indossavano ricchi costumi e nascondevano la propria identità sotto una maschera e la folta barba; la popolazione era curiosa di indovinare chi si nascondesse dietro questo travestimento, ma l’identità veniva svelata solo il giorno di Martedì Grasso. I Barbouire rappresentavano quindi il lato misterioso e magnetico del Selvatico, la cui caratteristica peluria era simboleggiata dalla lunga e folta barba; invece, le maschere del Vecchio e della Vecchia “non rappresentavano dei balordi, come altrove, ma interpretavano il ruolo degli anziani del paese, tanto che chiamavano gli altri personaggi -me mainà-, miei ragazzi” (Gallo Pecca, 1987, pag. 78).

Subito dopo intervenivano altri due gruppi di maschere, sempre in contrapposizione l’uno con l’altro: i Calderai (figura tipica di molti Carnevali, anche con il nome di Magnin) e i Mercanti di Bestiame. I primi erano semplici e ingenui, mentre i secondi simboleggiavano l’astuzia, il calcolo, l’interesse; il contrasto si concretizzava in litigi e lanci di ricotte in faccia. Altri screzi si verificavano tra il Vecchio e la moglie, di cui era molto geloso, sotto gli sguardi sdegnosi degli aristocratici, il Signore e la Signora. Le maschere derivanti dall’archetipo del Selvaggio facevano la loro comparsa durante gli ultimi giorni dei festeggiamenti, nell’ultima settimana prima della Quaresima. L’Orso era vestito “tanto con pellicce d’agnello quanto con zolle muscose cucite o con ariste di grano infilzate in una tela di sacco”, mentre il suo viso era coperto da “un drappo nero con segni rossi vagamente diabolici” (Deferre, 1976, pagg. 77-78). Durante i cortei era accompagnato dall’Uomo Selvatico, travestito con un costume simile; entrambi i personaggi sfuggivano alla sorveglianza e si allontanavano per la montagna, dove gli uomini della comunità cercavano inutilmente di scacciarli (Grimaldi, 1996, pag. 48). Fino all’inizio del Novecento, durante il corteo del Martedì Grasso, alla sfilata della badia dei giovani si univa anche la maschera del Salvage, il Selvaggio, “vestito di pelli di pecora dalla lana intatta e lunga” (Deferre, 1976, pag. 224). Dopo l’ultimo ingresso da parte dell’Arlecchino, iniziava un grande ballo, seguito da alcune rappresentazione teatrali. Infine il corteo giungeva alle barriere rituali costruite con solidi tronchi d’albero, che venivano distrutte dagli Spaccatori in modo da permettere il passaggio del Turco prigioniero che veniva convertito in piazza. Durante l’ultima sera di Carnevale si svolgeva il falò sacrificale su cui veniva bruciato il Carnevale; dalla direzione delle scintille che ne scaturivano, la popolazione traeva auspici per i giorni futuri (Gallo Pecca, 1987, pagg. 78-79).

"La Beò de Blins - carnevale alpino. La Beò de Blins si svolgeva ogni anno nel Cartier n'aout (Chiazale, Celle, Prafouchier) fino al 1939 e si è interrotta per la guerra dal 1940 al 1945. Avvenne per l'ultima volta nel 1958. Dopo 40 anni di oblio la Beò viene riproposta con successo nel 1999, nel 2000 e nel 2003 per proseguire con cadenza triennale. Si tratta di un corteo formato da persone in costume, ciascuno con un ruolo e connotati fissi: la festa segna un rituale consacrato dalla tradizione, anche se lascia ampio spazio all'improvvisazione e all'estro, sia dei personaggi sia del pubblico. Sulle sue origini si possono formulare ipotesi in quanto non esiste documentazione scritta. L'interpretazione locale e di una festa legata alla cacciata dei saraceni, ma è probabile che queste feste siano molto più antiche. La sfilata parte da Celle verso Chiazale, si dirige in seguito verso Prafouchier per poi concludersi nuovamente a Celle. Aprono la via due Picounier due ragazzi che fanno risuonare campanacci, il cui compito consiste nell'avvistare 'les barrieres', tronchi messi di traverso sulla strada per impedire l'accesso. Indossano una lunga camicia portata fuori dai pantaloni e in testa hanno la caratteristica cuffia dei bambini 'bero di cren'. Non usano la maschera si tingono solo gli zigomi di rosso e lo spazio sottonasale di nero per simulare i baffi. Appena vedono 'les barrieres' corrono indietro ad avvertire gli altri. Lou Viei invita: 'venè, ma meinà' venite figli miei, a dirigersi verso un determinato luogo. Indossa una maschera di corteccia che gli copre tutto il viso con barba e baffi incolti di lana grezza. Indossa la camicia di tela bianca indossata fuori dai pantaloni e porta con se una grande quantità di oggetti bizzarri, come se dovesse fare un lungo viaggio Il vecchio calza un paio di 'choussoun' scarpe di 'drap' con la suola ricoperta di chiodi. Le gambe sono fasciate da 'les guetes' fascie da militare. La 'Vieio' segue il marito intrattenendosi con le mogli dei capofamiglia creando situazioni divertenti finge cadute e malori. Indossa l'abituale costume delle donne di Blins. Ha un grande seno e la Gobba. Seguono 'Les Sarasines' che danzano freneticamente, saltano e risaltano la barriera facendo risuonare tutti i campanelli di cui sono rivestite. I 'Sapeur' armati di scure per abbattere le barriere che secondo la tradizione orale simboleggiano le fortificazioni apprestate contro i saraceni. Vestono una giacca con la coda a pannello e pantaloni neri con un solo nastro lungo la manica della giacca e la gamba del pantalone. In testa portano un cappello a cilindro con una vistosa coccarda sul davanti. Altri personaggi sono nell'ordine: 'L'Arlequin, lou souldà, Lou gingolo, lou monsù e la damo, lou cadet e l'espouzo, lou medic' a cui spetta il compito di soccorrere la 'Vieio' durante i frequenti svenimenti. Non porta maschera poiché egli deve essere il ritratto della salute. 'Lou turc' un barbaro empio che balbetta parole incomprensibili ridotte ad monotono "blm blm" alla fine si redimerà attraverso una cerimonia davvero originale! 'Lou carabinier' gendarme che sorveglia 'lou turc'. Al corteo sno presenti anche i 'Sounadour' di organetto e un tempo sicuramente di violino, che accompagnano con marcette la sfilata e allietano il ballo con le musiche tradizionali dell'alta val Varaita. Il numero dei personaggi interpretanti il medesimo ruolo non è fissato rigidamente, ma può cambiare secondo il numero dei partecipanti.

BELLINO (CN), Italia Regionpiemonte
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